“Si è votato. O meglio: ha votato chi non aveva nulla di meglio da fare. Il 57% ha scelto il divano, dimostrando che la democrazia non muore: semplicemente si addormenta. E nessuno la sveglia.
A Nardò il miracolo continua: Mellone, maestro del travestimento politico, riesce ogni stagione a essere qualcos’altro. Civico, sovranista, leghista, mediterraneo… un curriculum che cambia più dei prezzi della benzina. E il bello è che funziona: la Lega diventa improvvisamente compatibile col Salento, come se l’ampolla del Po si fosse messa a parlare dialetto.
Poi l’arte del gesto chirurgico: revoca gli assessori come si stacca il cerotto vecchio. Capoti, Greco, Alemanno, Puglia, Giuranna, D’Ostuni: tutti fuori, senza preavviso né rimpianto. “Riorganizzazione”, dice. Si traduce: “non mi servite più”.
Sopravvive una sola vicesindaca, probabilmente per motivi ignoti anche agli spiriti.
La città? Guarda, sospira, scrolla le spalle. Tant’è: il sindaco decide, firma, cancella. Senza spiegare. Senza doverlo fare. Un feudo efficiente, moderno, con l’autorità calibrata come un telecomando: volume alto, dialogo zero.
E mentre l’astensione diventa la vera forza politica del territorio, la democrazia resta chiusa nelle urne, con la voce bassa di chi sa che non è più invitata alle riunioni importanti. Si governa così: cambiando pelle prima che qualcuno riesca a capirne una. E Nardò applaude, senza chiedere cosa stia applaudendo”.




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