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“Matteotti di nome”, l’urlo rock di Amerigo Verardi

Una traccia viscerale, poetica e urgente che lega la storia al presente, e la famiglia alla Storia. Amerigo Verardi torna a farsi sentire, e lo fa con un brano che è molto più di una canzone. “Matteotti di nome” è un urlo rock, una lettera d’amore e una ferita ancora aperta che diventa suono. Il nuovo singolo dell’artista brindisino, in uscita IL 7 luglio per NOS Records, è un gesto civile prima ancora che musicale. Verardi, già fondatore del progetto Maverick Persona insieme a Deje (due dischi acclamati nel 2024 in tutta Europa), torna qui a firmare un brano solista radicale, completamente indipendente e politicissimo. Il singolo, che sarà disponibile anche in versione vinile 10″ a 45 giri grazie a MarraCult e Psychout Records, si presenta come un vero e proprio atto poetico e narrativo. Il titolo “Matteotti di nome” richiama una vicenda personale: il brano è dedicato allo zio dell’artista, cui all’anagrafe venne dato proprio Matteotti come nome di battesimo, in omaggio al politico socialista assassinato nel 1924 da sicari di Mussolini. Lo zio di Amerigo nacque pochi giorni dopo quel crimine e in casa Verardi quel nome è sempre risuonato come una parola carica di senso, di memoria e come simbolo della Resistenza antifascista. La canzone si apre con immagini intime, tratte dalla memoria familiare e da un’Italia segnata dalla guerra e dal lutto. Ma il cuore pulsante del brano è il ritratto intenso, cinematografico, degli ultimi giorni e delle ultime ore di Giacomo Matteotti. Lì Verardi riesce a far parlare il politico come un uomo consapevole, determinato ma fragile, innamorato e pronto al sacrificio. In quei versi, carichi di umanità e visionarietà, Matteotti si consegna alla storia e a noi: “Nella borsa ho la chiave di volta”, “Non mi aspettare, Velia”, “e se non torno, non mi abbandonare”. Ma non c’è solo la voce di Matteotti: Verardi tratteggia anche i volti degli assassini, “tossici di sangue e cocaina”, incapaci di comprendere la portata del loro stesso gesto, disturbati e infastiditi da un ordine ricevuto da lontano, costretti a scegliere chi, tra loro, debba infine colpire. Il testo, che si legge come un racconto tragico e rituale, si chiude con parole che rimbombano nel presente: “Evviva la libertà, c’è scritto sopra un muro, in rosso sangue anche per chi non sa leggere il futuro che è già qui”. Registrato presso l’Alma Mater Studio (Brindisi), e mixato/masterizzato da Valerio Daniele a Calimera (Chora Studi Musicali), il brano si presenta come un’opera totale. La cover art è firmata da Daniele Guadalupi. Con “Matteotti di nome”, Verardi firma un pezzo di storia musicale italiana. Una canzone civile, personale e viscerale, che ci ricorda da dove veniamo e per cosa dobbiamo ancora combattere