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Sticchi Damiani chiude il capitolo Mancosu con un post elegante ma con frecciate

Una lunga lettera scritta come post su Facebook per salutare chi che stato il capitano delle sue due promozioni da quando è presidente del Lecce.

Saverio Sticchi Damiani si rivela come sempre un signore e saluta a suo modo Marco Mancosu, passato da poche ore alla Spal. Nella sua lettera-post emerge chiaramente l’amicizia fraterna per colui che è stato il simbolo della rinascita del Lecce, cementata anche durante il periodo di malattia del centrocampista sardo. Infatti il presidente del sodalizio giallorosso ha voluto correlare il post con lo screenshot del messaggio che mandò a Mancosu la mattina susseguente al rigore sbagliato contro il Venezia, in un momento molto delicato per il calciatore che era rientrato da poco dopo lo stop forzato per un tumore. Tuttavia il presidente ha sottolineato chiaramente come Mancosu fosse cambiato dopo la retrocessione in serie B e di come il calciatore volesse cambiare aria già dalla scorsa stagione. Il Lecce invece aveva ancora puntato su di lui e Corvino gli aveva allungato la durata del contratto.

Anche quest’anno il Lecce puntava sulle qualità tecniche del calciatore e Sticchi Damiani ha ribadito anche in questo post come sia stato Mancosu a chiedere al club di essere ceduto. Quello che però non scende al presidente del Lecce è il fatto che Mancosu non abbia detto nulla per prendere le distanze dalle infamanti accuse prodotte dal suo agente subito dopo la conferenza stampa in cui si annunciava che la storia tra Mancosu e il Lecce era ai titoli di coda. Sticchi Damiani ha anche criticato il post di commiato del calciatore dove Mancosu afferma di non voler dire la verità per evitare ulteriori discussioni. Il presidente non ha gradito tale uscita e ha definito questo post divisivo e che fa male al Lecce, un club che sarebbe dovuta essere una famiglia per il centrocampista.

Si chiude non senza polemiche il capitolo Mancosu con il presidente che augura buona vita al calciatore che però non considera più quel capitano a cui era legato come fosse uno di famiglia.