1

Coronavirus: chiuse 3.490 aziende, meno degli ultimi anni

LECCE – Trend confermato, in provincia di Lecce. Nonostante la pandemia ancora in corso, il numero di cancellazioni dal Registro imprese rimane sotto la media degli ultimi anni. Davide Stasi, responsabile dell’Osservatorio Economico Aforisma, ha tracciato il bilancio dell’anno appena trascorso, analizzando, mese per mese, l’andamento delle chiusure delle aziende e confrontandolo con il trend degli ultimi dieci anni.

Anche se non è ancora completo il mese di dicembre le variazioni tendenziali e congiunturali possono ritenersi più che indicative, trattandosi di 11 mesi presi in esame sui 12.

Da gennaio a novembre 2020, in provincia di Lecce, hanno chiuso, in tutto, 3.490 attività. Nel corso del 2019 le cancellazioni furono 4.742 e l’anno prima 4.585.

Molto grave fu la crisi del 2011 che si protrasse per il biennio successivo alla nascita del Governo Monti, in quanto comportò enormisacrifici per le famiglie e le imprese. In provincia di Lecce, nel 2011, chiusero ben 5.848 imprese attive, l’anno dopo altre 6.058 e l’anno dopo ancora 6.111 unità; poi la discesa nel 2014 (6.028) e nel 2015 (5.013).

Per scelta dell’autore della ricerca, non si è preso in considerazione il saldo, ovvero la nati-mortalità delle imprese che in provincia di Lecce risulta, ad oggi, positiva, in quanto le nuove aperture superano le chiusure.

A fine novembre si contavano 64.863 imprese attive, uno dei numeri più alti di sempre. Il mese prima,è stato raggiunto il record assoluto per numero di aziende attive: 64.936.

«Nel corso di quest’anno decidere di chiudere definitivamente una partita Iva – spiega Davide Stasi – avrebbe significato perdere il diritto alle diverse forme di sussidio, bonus, ristori, contributi e finanziamenti di cui una parte a fondo perduto, rivolti a beneficio di ditte individuali, lavoratori autonomi, liberi professionisti, società di persone e di capitali, cooperative e consorzi. Se il Coronavirus non ha ridotto il numero delle imprese, non si può dire lo stesso per i ricavi complessivi – evidenzia Stasi – ad eccezione di alcuni settori, che sono andati nettamente in controtendenza, come la sanità, l’e-commerce, le costruzioni e le società di consulenza impegnate nel disbrigo delle diverse pratiche per conto delle aziende-clienti. I settori più penalizzati si confermato il commercio tradizionale, l’alberghiero, la ristorazione e relative filiere, a causa delcalo dei consumi e dei flussi turistici. Si corre il rischio di ingenerare confusione, però, se le previsioni e le stime continuano a circolare di più rispetto ai dati consolidati. Da marzo scorso, si parla di una recessione senza precedenti, una crisi epocale,supportandola con le previsioni sulle imprese a rischio chiusura. L’ultima, in ordine di tempo, è quella che ha stimato la cancellazione di ben 380mila aziende nel 2020. Un numero che ha fatto grande scalpore, ma stimare la chiusura di 380mila aziende ha un significato diverso rispetto al concettocheabbiano chiuso 380mila aziende. I dati reali sulla nati-mortalitàdelle imprese, ad oggi, non sono così negativi se messi a confronto con quelli delle crisi economico-finanziarie che, nel passato, hanno determinato la forte contrazionedei valori mobiliari ed immobiliari, dei depositi bancari, dei prestiti concessi, solo con il contagocce, da parte degli istituti di credito, nonché dell’introduzione di un sistema di tassazione più repressivo. La crisi del 2011comportò enormi sacrifici per le famiglie e le imprese – ricorda Stasi – Inquello stesso anno, in provincia di Lecce chiusero5.848 imprese attive.Da gennaio a novembre di quest’anno, invece, ne sono state chiuse 3.490. Il numero dicancellazioni dal Registro imprese è inferiore alla media degli ultimi dieci anni; mentre il saldorisulta persino positivo, con le nuove aperture che superano le chiusure».