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118, la Fp Cgil accende un faro sulle prime assunzioni

LECCE– La Fp Cgil Lecce tiene alta la guardia sull’internalizzazione del servizio 118. Oltre a chiedere l’applicazione di tale processo per tutti gli operatori coinvolti, il sindacato lancia un campanello d’allarme sul procedimento avviato per alcune postazioni, come Casarano, Gallipoli, Scorrano, Ugento e Otranto: alcuni lavoratori rischiano di essere beffati proprio a pochi metri dal traguardo.

L’obiettivo del sindacato è mettere fine ad un’ingiustizia che Floriano Polimeno e Cosimo Malorgio, segretario coordinatore provinciali della Fp Cgil Lecce, definiscono “colossale”: da anni il servizio è svolto da lavoratori e lavoratrici che svolgono i medesimi orari e mansioni, che corrono gli stessi rischi e pericoli, ma che percepiscono retribuzioni decisamente diverse. Accanto al personale della Asl, al quale viene applicato il contratto della sanità pubblica, convivono infatti varie tipologie di lavoratori: dipendenti delle ditte no profit, dipendenti di associazioni di volontariato, oltre a volontari ai quali viene riconosciuto un misero stipendio mascherato da rimborso spese. Sono molto spesso lavoratori che operano a stretto contatto, sulle stesse postazioni.

“Oggi sussistono tutte le condizioni per internalizzare il servizio 118, affidandolo alla società in-house Sanitaservice, proprio come hanno già deliberato le Asl di Lecce e Brindisi”, dicono Polimeno e Malorgio. “Non comprendiamo il motivo per cui i direttori generali delle Asl pugliesi stiano procedendo a macchia di leopardo: Foggia e Brindisi cominciano l’internalizzazione dalle associazioni di volontariato, ossia dai lavoratori più precari; Lecce invece dalle ditte no profit, che offrono maggiori garanzie ai dipendenti. Ad avviso della Fp Cgil Lecce tutto il 118 va internalizzato, non solo il personale delle ditte no profit”. A tal proposito il sindacato ha scritto al presidente della Regione Michele Emiliano, al direttore generale della Asl Rodolfo Rollo e all’amministratore unico di Sanitaservice Luigino Sergio.

Ieri il sindacato ha scritto ad Asl e Sanitaservice anche per scongiurare ulteriori ingiustizie. Il 31 luglio 2019 la Asl ha determinato in 53 unità il personale impiegato dalle imprese affidatarie del servizio ai quali applicare la clausola sociale. Lo scorso 15 settembre la società in-house ha dunque approvato l’elenco dei 53 lavoratori destinati a transitare alle sue dipendenze. Sembrerebbe un percorso burocraticamente lineare. Ma la sostanza potrebbe riservare brutte sorprese. Nell’elenco non è indicata l’anzianità di servizio dei lavoratori alle dipendenze dei precedenti appaltatori. “Abbiamo il fondato sospetto che alcuni di loro siano stati assunti poche settimane, se non pochi giorni, prima dell’internalizzazione del servizio”, dicono Polimeno e Malorgio. “Se così fosse, e se è vero che il numero di lavoratori da stabilizzare è invariato, qual è stata la sorte degli operatori non più presenti nell’organico degli appaltatori all’atto dell’internalizzazione? Ha senso applicare la clausola sociale ai ‘fortunati’ lavoratori neoassunti? Non sarebbe più opportuno effettuare una selezione che tenga conto della professionalità e del merito, anche allo scopo di fugare inevitabili sospetti di elusione della normativa sulle assunzioni?”.

La Fp Cgil ha formalmente richiesto ad Asl e Sanitaservice di conoscere: l’anzianità di servizio dei beneficiari di clausola sociale; i nomi dei lavoratori impegnati nel servizio all’epoca della deliberazione del Direttore Generale del 31 luglio 2019; l’orario effettivamente prestato dai lavoratori (desumibile dai turni di presenza noti alla Asl); le ragioni per le quali si sia omesso, allo stato, qualsiasi verifica sull’effettiva esperienza o competenza del personale da assumere, con particolare riguardo all’anzianità di servizio alle dipendenze dei precedenti appaltatori.