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Progetto Supreme, un’equipe in aiuto dei lavoratori migranti

Progetto Supreme, un’equipe in aiuto dei lavoratori migranti
La Redazione
14 Luglio 2020 12:53

LECCE – Via libera al progetto Supreme, acronimo di “Sud protagonista nel superamento delle emergenze”. L’obiettivo è quello di offrire assistenza ai lavoratori migranti più vulnerabili e combattere in maniera più incisiva il fenomeno del caporalato. Il primo incontro che ha dato il là al progetto si è svolto ieri al Polo Formativo della Asl Lecce, in via Miglietta,

Supreme coinvolge 5 regioni dell’Italia meridionale ed è finanziato dall’Unione Europea nel quadro dei Programmi Fami ed Emas per i richiedenti asilo o rifugiati e l’assistenza nelle emergenze. Il progetto, già partito a Foggia e in Capitanata, dove è elevata la concentrazione di immigrati per il lavoro agricolo stagionale, è coordinato per la Regione Puglia dall’Agenzia regionale per i servizi socio sanitari (Aress) e implementato in provincia di Lecce dalla Asl. Prende il via dall’accordo siglato dal direttore generale Rodolfo Rollo, l’Aress Puglia e la Presidenza della Regione Puglia, per favorire “l’assistenza integrata, cura e trattamento al fine di salvaguardare la salute dei migranti in condizione di grave vulnerabilità negli insediamenti pugliesi” e include misure specifiche per far fronte all’emergenza Covid-19 ancora in atto, proponendo visite mediche con possibilità di eseguire test sierologici rapidi.

All’incontro hanno partecipato il direttore del dipartimento di Prevenzione della Asl Lecce Giovanni De Filippis insieme ai delegati dei servizi socio-sanitari delle varie articolazioni della Asl e dei Distretti, quello di Nardò e l’Area Socio Sanitaria, i direttori delle Caritas delle quattro diocesi salentine (Lecce, Nardò-Gallipoli, Otranto e Ugento-Santa Maria di Leuca),  l’Imam della moschea di Lecce, i rappresentanti del Centro Italiano Rifugiati (Cir), del Centro d’Innovazione Didattica dell’Università del Salento e delle associazioni del territorio impegnate nella tutela dei diritti dei migranti.

“Questo incontro – ha spiegato il direttore del dipartimento di Prevenzione della Asl Lecce Giovanni De Filippis – ha consentito un confronto diretto tra i vari stakeholders salentini, tale da poter definire il ruolo della Asl Lecce in questo progetto e nello stesso tempo allargare gli ambiti dello stesso a una mappatura dei bisogni sociali e sanitari dei residenti più vulnerabili. Infatti, s’intende fornire una risposta tempestiva e concreta ai bisogni sanitari e primari, legati anche agli aspetti socio-lavorativi e legali, attraverso un’equipe multidisciplinare che andrà incontro agli utenti grazie ad un’unità mobile, oltre a un punto di riferimento stabile che sarà istituito presso la Asl a Lecce”.

L’equipe impegnata nel Progetto Supreme sarà composta da un medico, un mediatore culturale, un operatore di area psicologico-sociale, un legale, un infermiere ed un tecnico della prevenzione esperto in sicurezza sul lavoro. Saranno eseguite attività di assistenza e monitoraggio delle condizioni di salute, presa in carico dei casi più vulnerabili, supporto e orientamento legale in tema di salute e lavoro, alfabetizzazione sociale e sanitaria, soprattutto volta a contenere l’epidemia di Covid-19 in corso. “La stessa equipe – sottolinea il direttore De Filippis – lavorerà  non in sedi di rappresentanza, ma in quei luoghi di aggregazione vicini ai migranti e suggeriti anche da parte dei convenuti e dalle associazioni che lavorano sul territorio, lì dove è più possibile incontrarli facendo in modo di aprire la pubblica amministrazione ai loro bisogni”.

Oltre, al campo Boncuri di Nardò, questa equipe lavorerà in diversi comuni salentini, a partire dal 20 luglio e fino al 30 settembre, realizzando ben 40 interventi resi più efficaci dalla creazione di una rete tra istituzioni e organizzazioni no-profit. “C’è una Puglia sommersa che deve essere riconosciuta nell’interesse della sicurezza di tutti. Pensiamo a quelle persone che vivono sul territorio, che hanno contatti costanti con la società ma che nello stesso tempo non esistono ufficialmente e non hanno alcuna copertura sanitaria. Quelle persone hanno bisogno di emergere per se stesse e per rendere più sicura la nostra società, specialmente nella situazione emergenziale che stiamo vivendo”.

 

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14 Luglio 2020 12:53
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