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Quando restare a casa è una condanna a morte

LECCE – “Restiamo a casa” è il messaggio che da mesi fa parte della quotidianità nelle case italiane, anche attraverso immagini, bollettini, decreti e autocertificazioni legate all’emergenza sanitaria da Covid-19. Certamente l’isolamento è l’unico mezzo per proteggersi dal rischio contagio, ma esistono condizioni per le quali la clausura forzata si traduce in una vera e propria condanna a morte. È il caso di persone, in particolare donne e minori, che vivono in situazioni di disagio economico, ma soprattutto emotivo e familiare, in un habitat domestico governato essenzialmente da sentimenti di paura, angoscia, mancanza di autostima e, nei casi più estremi purtroppo, da istinti suicida ed omicida.

In questa particolare contingenza l’associazione “La Girandola” di Lecce, rivolge un appello e un’istanza formali al sindaco di Lecce Carlo Salvemini, al prefetto Maria Teresa Cucinotta e al presidente della Regione Puglia Michele Emiliano, perché siano rapidi nei provvedimenti da prendere in questo ambito sociale particolarmente a rischio.

Come è noto, la Regione Puglia – Dipartimento Promozione della salute del benessere sociale e dello sport, a partire dallo sorso 2 aprile, ha disposto la sospensione fino al termine dell’emergenza sanitaria di nuovi inserimenti in case-rifugio, che già ospitano donne e bambini, se non disponibili di spazi adeguati per l’auto isolamento. Dovranno essere reperite per il tramite della rete territoriale antiviolenza, quantomeno nei casi urgenti, soluzioni abitative idonee a garantire il periodo di quarantena fiduciaria di 14 giorni prima dell’inserimento nella struttura di accoglienza, onde scongiurare potenziali rischi di contagio.

Le stesse strutture potranno essere utilizzate anche per ospitare donne, sole o con figli, già inserite in strutture di accoglienza che presentino la necessità di osservare l’auto isolamento, ma sempre in condizioni di massima protezione, al fine di evitare il contagio con altre ospiti o operatrici.

“In linea con tali indicazioni operative,  l’associazione “La Girandola” di Lecce – scrive nella nota la presidente Monica Agrosì – che opera da 11 anni sul campo per tutelare donne vittime di violenza e minori, si rende disponibile nell’organizzazione e se fosse necessario, alla ricerca e segnalazione di strutture ricettive, hotel e b&b attualmente chiusi, che potranno ospitare le donne in pericolo sole o con figli, per almeno 14 giorni necessari per la quarantena, di concerto con il centro antiviolenza, l’equipe multidisciplinare, le forze dell’ordine e le autorità sanitarie competenti”.

Sono state diverse, nonostante la pandemia in corso, le notizie cronaca riguardanti femminicidi,  violenze consumate tra le mura domestiche. Estremamente difficoltoso per le vittime, lanciare una richiesta d’aiuto a causa del controllo ossessivo di mariti o compagni maltrattanti e la paura di non di trovare il modo di uscire da una situazione pericolosa e/o trovare protezione.

L’Associazione, presenza stabile sul territorio da oltre un decennio, è costituita da donne e uomini che si occupano in maniera disinteressata di tutelare il prossimo, donne, famiglie, in ambiti in cui è perpetrata la violenza all’interno delle mura domestiche. Soprattutto in questa particolare condizione causata dalla pandemia da Coronavirus, si rende necessario trovare con urgenza una soluzione adeguata in un ambito sociale a rischio, non soltanto per la diffusione del virus. Prima che sia troppo tardi.

Per informazioni sull’associazione:

https://associazionelagirandolalecce.blogspot.com/

https://www.facebook.com/Associazione-La-Girandola-111704583756150/