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Coronavirus, tra odio social e provincialismo

Lo abbiamo guardato da lontano, con piccole preoccupazioni, ma da spettatori.
Alla fine, il Coronavirus è arrivato anche nel Salento, a Galatina precisamente. È il primo caso registrato nella provincia di Lecce. Le possibili preoccupazioni sono diventate ansie e paure, trasformatesi in inutili ed esagerate psicosi.
Galatina, come l’intero territorio leccese, non è Milano. Non si era preparati ad un’emergenza simile, ma questa non può essere una colpa soprattutto per via delle carenze oggettive del nostro sistema sanitario rispetto alle strutture settentrionali. . Piuttosto rischia di diventare un problema se a prendere piede, in men che non si dica, sono le registrazioni audio circolate su whatsApp, tra accuse, insulti, offese all’uomo risultato positivo al covid 19 e le smentite di aziende costrette a smentire false notizie diffuse ad arte, a causa del rincorrersi di voci incontrollate e non verificate, degne di un provincialismo che in questi casi fa emergere tutte la sue miserie quotidiane.
Il tempo in cui viviamo è quello di una società votata al linciaggio, alla caccia all’uomo sfrenata, per sfogare paure ed ansie, ottenendo una piccola rivalsa di protagonismo sui social. È un problema sociale che emerge sempre in casi di crisi, come quello di questi giorni.
La vita al tempo dei social ci porta a scaricare la nostra rabbia e lo stress quotidiano sul malcapitato di turno, facile bersaglio che finisce per compensare – ahimè – problemi e vicissitudini personali.
Facebook, Twitter, Instagram sono tutti modi per associarsi a quello che tecnicamente viene chiamato “hatespeech”, l’odio social, dal quale oggi non si riesce a fare proprio a meno. Nell’epoca delle notizie contrastanti e senza uno straccio di riscontro, siamo pronti a schiacciare frettolosamente il tasto “condividi”, o “inoltra”, senza un minimo di riflessione, senza avere contezza delle possibili conseguenze di quel gesto, rischiando così – spesso e volentieri – di incappare in fake news, che nel giro di pochi istanti hanno già fatto il giro del web.
Questo è il nostro tempo e dobbiamo imparare a convivere, ricorrendo alle giuste soluzioni. In tal senso, fidarsi delle fonti primarie di informazione è un primo passo verso un racconto della realtà. Altrimenti il rischio di inciampare su notizie false o, ad andar bene, approssimative, è dietro l’angolo.
Nelle ultime ore abbiamo assistito ad affermazioni volgari e feroci, a testimonianza del fatto che siamo tutti bravi a commentare e a dare giudizi, fino a quando lo spauracchio non arriva in casa propria. È proprio in quel momento che si smarrisce il senso e la razionalità. La caccia all’uomo e la denigrazione obbligatoria non portano altro che mala informazione e ad una inevitabile diffusione di una dose aggiuntiva di malessere sociale che, se estremizzata, può condurre a vicende legali, del quale ognuno di noi vorrà farne tranquillamente a meno. Perché fare i cosiddetti leoni da tastiera è facile. Ma le “trappole” mediatiche portano dritte a risvolti penali. Perché commettere reato sui social è passibile di denuncia a piede libero.
Insomma, ormai è accertato, il coronavirus è approdato anche nel Salento. L’unica soluzione che è possibile adottare è contenere la psicosi, abbassare i toni ed evitare inutili allarmismi. Al resto, occorre affidarsi a Istituzioni civili e, soprattutto, sanitarie. Ne sapranno sicuramente più degli odiatori seriali da social.