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“Le colpe del Sud”, tra padrini e padroni

 

LECCE – “Le colpe del Sud”. Il titolo è di per sé eloquente. Il libro scritto da Claudio Scamardella, direttore del Nuovo Quotidiano di Puglia, prova a fotografare e indagare vizi (soprattutto) e virtù del Mezzogiorno d’Italia. Non si tratta dell’ennesimo testo farcito di luoghi comuni, facile viatico per arrivare a conclusioni spicciole e sommarie. Al contrario, Scamardella sbatte il mostro (il Sud) in prima pagina. Senza infingimenti. Depurandolo da valutazioni autoreferenziali o, peggio, da facili entusiasmi campanilistici. Evitando, da buon giornalista, di far ricorso a gossip inutili e fuorvianti. Perché la realtà, ahimè, è un’altra. Non a caso il libro diventa quasi un pretesto per affrontare di petto la questione meridionale, ma soprattutto per mettere il Sud di fronte alle proprie (e sono tante) responsabilità. “Sapranno i meridionali riprendere in mano il loro destino?. E riusciranno a capire che il futuro del Sud dipende innanzitutto dal Sud? – si chiede Scamardella – Il primo passo è ammettere le proprie colpe. Il secondo è avere coraggio, senza più inseguire vecchi padrini e aspettare nuovi padroni”.

Scamardella tenta da un lato di affrancarsi dai soliti cliché – che nel dibattito salottiero e nei talk show riemergono comunque, di tanto in tanto, con una forza prorompente e inquietanti allo stesso modo – dall’altro insiste sulla necessità di cambiare effettivamente pagina, passando dai piagnistei e dalle elemosine di un Sud votato all’assistenzialismo ad una visione più aperta e più autentica, liberandosi da vecchie zavorre e puntando con forza sulla capacità dei territori di diventare attori del loro destino.

“E’ falsa – sottolinea Scamardella – la contrapposizione secondo cui la società civile sia più virtuosa della società politica: al Sud si dà la delega alla società civile soprattutto se conviene. Ed è ancora più falsa la contrapposizione tra il Sud buono, virtuoso (la retorica delle eccellenze) e il Sud dei barbari, plebeo. Non è assolutamente vero. Perché il principio di fondo è legato al mancato passaggio dalla comunità alla società ci porta alla cultura della protezione…”. Che finisce per rendere omaggio e addirittura favorire e auspicare l’ascesa dell’uomo forte. Un errore che continua a ripetersi, Corsi e ricorsi storici che si allungano come un’ombra inquietante sul territorio meridionale.

“L’intervento pubblico – ha spiegato Scamardella – ha funzionato fino agli anni Settanta”. Poi qualcosa non è andata per il verso giusto. “Il meridionalismo non ha aggiornato la sua cassetta degli attrezzi, classi dirigenti ed élite intellettuali anziché produrre nuove idee si sono adagiati nella retorica dell’inganno e dell’abbandono, rifugiandosi nella sterile litania della “colpa degli altri” e nel rivendicazionismo lamentoso. Fino all’emergere di un sudismo impastato di nostalgie borboniche. Trent’anni persi a rincorrere il Nord. E trent’anni di opportunità sprecate”.

Un giudizio tranchant ma autentico. Confermato da quanto sta accadendo in Puglia. I casi xylella, gasdotto tap, Ilva e 275 sono lì a dimostrarlo. Quattro storie diverse ma unite dalle stesse contraddizioni e dallo stesso immobilismo politico. I complottisti della xylella, per esempio, riuscirono ad avere la meglio sugli studi scientifici e sui conseguenti provvedimenti (le eradicazioni degli alberi per bloccare l’avanzata del batterio). “In cinquemila – ha ricordato Scamardella – si diedero appuntamento in piazza Sant’Oronzo per dire che la xylella era una bufala!”.

Certo, ci sono responsabilità decisionali a vari livelli, a cominciare da quello regionale. Perché – come ha detto giustamente l’europarlamentare Raffaele Fitto – non si può fare di tutta un’erba un fascio, sparando nel mucchio della politica. Nel suo libro Scamardella prova ad indicare una via d’uscita a questa situazione d’impasse. “Il Salento è una terra in cammino, laboratorio di ciò che il Sud può essere o diventare se il meridionalismo “di pensiero” torna a prevalere su quello “di potere”, puntando su vocazione mediterranea e federalismo municipalista. È con il protagonismo dei territori che il Sud può riprendere il destino nelle proprie mani e rimettersi in marcia”.

Difficile, ma non impossibile. A patto che si mettendo da parte retoriche e luoghi comuni, autoreferenzialità e inutili atteggiamenti votati all’entusiasmo, pericolose bugie e stucchevoli giochi di potere.

Oltre all’autore, alla presentazione del libro erano presenti anche il direttore della Gazzetta del Mezzogiorno Giuseppe De Tomaso, il sindaco di Lecce Carlo Salvemini e l’europarlamentare Raffaele Fitto. Ha moderato l’incontro il collega Mauro Giliberti.

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Claudio Scamardella, napoletano di Bacoli, da trentacinque anni è giornalista in due terre simbolo del Meridione, la Campania e la Puglia, in due città osservatorio privilegiato, Napoli e Lecce.

Ha lavorato al “Mattino” fino al 2008, come redattore capo, responsabile della cronaca di Napoli e del dorso regionale. Dal 2009 è direttore del “Nuovo Quotidiano di Puglia”.

Ha pubblicato un libro intervista con Aldo Masullo, Napoli siccome immobile (Guida 2008).