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“Falda contaminata, colpa della Tap”

“Come emerge dai risultati delle indagini di Arpa, il superamento delle soglie di contaminazione di cromo esavalente registratosi in falda (e, seppur con ritardo, comunicato dalla stessa multinazionale) non è dovuto a condizioni sito-specifiche (cioè alle caratteristiche naturali) dei terreni di quella zona del territorio comunale, ma alle attività di Tap. È stato accertato infatti che il cromo esavalente è contenuto nei materiali “portati” in cantiere da Tap, ossia lo stabilizzato di cava e il cemento, ed è dagli stessi rilasciato.

Si ricorda che Arpa, nella relazione di dicembre scorso, la stessa menzionata da Tap nel suo comunicato, ha rilevato che lo stabilizzato di cava, presente in tutto il cantiere, rilascia cromo esavalente; in particolare, quello prelevato nell’area denominata “deposito conci”, sottoposto a test di cessione, ha rilasciato cromo esavalente in quantità pari a 22 µg/l. Ancora, dalla medesima relazione dell’Agenzia emerge che le acque intrappolate nel pozzo di spinta durante la sua realizzazione contenevano concentrazioni di cromo esavalente pari a ben 350 µg/l. I risultati del test di cessione effettuato da Arpa Umbria sul cemento del pozzo di spinta, poi, hanno evidenziato una capacità di rilascio di cromo esavalente in quantità pari a 11,3 µg/l .

Allo stato, dunque, gli unici dati certi sono questi; al contrario, non vi è alcuna certezza che attualmente non vi siano superi delle soglie di contaminazione in falda, in quanto – come risulta dalla stessa relazione di Arpa – le ultime analisi effettuate dall’Agenzia sulla falda risalgono al 28 agosto 2018, in piena stagione estiva e soprattutto a cantiere fermo. Quanto ai limiti di legge con cui confrontare i citati risultati delle indagini di Arpa, Tap dichiara che non esistono parametri normativi per i risultati del test di cessione, perché il campione analizzato non proviene da rifiuti. Ma a questo punto vien da chiedersi perché Tap abbia fatto essa stessa queste indagini e questi test di cessione e perché abbia tentato di rassicurare tutti sul fatto che non esisterebbero problemi proprio affermando che i risultati dei suoi laboratori rivelano una capacità di rilascio di cromo esavalente al di sotto delle soglie di rilevabilità dello strumento, precisamente inferiore a 2 µg/l.

La verità è però che, come ovvio e risaputo, i risultati del test di cessione vanno letti in relazione alla componente ambientale della cui contaminazione si discute e con cui l’agente contaminate viene a contatto: se quella componente ambientale è costituita dalle acque sotterranee di falda – come accade nella specie – non si possono che prendere in considerazione le soglie di contaminazione stabilite dalla legge per le acque sotterranee, cioè 5 µg/l.

L’accertata presenza dei suddetti materiali contaminanti (stabilizzato di cava e cemento) nel cantiere di Tap rende pertanto evidente il rischio concreto che la prosecuzione delle lavorazioni di cantiere (ivi inclusi l’ingresso della talpa nel pozzo di spinta e le operazioni sullo stesso per lo scavo del microtunnel) possa nuovamente compromettere il suolo, il sottosuolo e la falda e pregiudicare la salute pubblica. Chiedo solo che prevalga il buonsenso e il rispetto della legge a cui nessuno può sottrarsi.

Fanno sorridere le restanti dichiarazioni di Tap. Dopo aver comunicato con estremo ritardo la presenza di superi, dopo aver detto che le cause dei superi erano dovute ad altro e non ai propri materiali, dopo aver negato che quei materiali contengono e rilasciano cromo esavalente e aver dovuto prendere invece atto che è vero proprio il contrario, la multinazionale non ha altro argomento che attaccare la battitura di una “m” anziché di una mi greca (“µ”): errore evidentemente irrilevante visto che il riferimento di legge – così come il valore di 11,3 emerso dal test effettuato da ARPA Umbria e poi riportato dal Comune nella diffida – è espresso nella medesima unità di misura, ossia in µg/l.

Le soglie di contaminazione per le acque sotterranee sono 5 µg/l, mentre le acque intrappolate nel pozzo di spinta durante la sua lavorazione (in assenza delle necessarie impermeabilizzazioni del cantiere, come pure accertato da Arpa) contenevano 350 µg/l di cromo esavalente, il cemento del pozzo di spinta rilascia 11,3 µg/l, lo stabilizzato di cava rilascia 22 µg/l. Queste sono le uniche certezze ed è a questo che Tap deve “rispondere”, cercando anche di spiegare come abbia potuto affermare che i suoi materiali rilasciano cromo VI in misura inferiori al limite di rilevabilità di 2 µg/l. Ma considerato il tenore delle dichiarazioni (come pure il rilievo dato a – macroscopici ed irrilevanti – errori di battitura) è evidente che la multinazionale non ha (seri) argomenti!”.