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“Dalla sinistra possibile alla sinistra necessaria”

“La sinistra, in politica è una difficile definizione: è quella parte della società la cui coscienza è fortemente segnata dai valori di libertà, di progresso, di solidarietà, di giustizia, di sicurezza. E però, non è un soggetto politico storicamente visibile e vivibile. La sinistra è una coscienza diffusa, comprendente al suo interno letture molteplici, qualche volta anche contraddittori della società e dei suoi valori. E’ quindi naturale che essa si esprima attraverso una pluralità di protagonisti collettivi, di realtà politiche differenziate ed anche conflittuali. La riforma della sinistra passa anche attraverso la consapevolezza di questa contraddittorietà e complessità di esperienze che portano alla esigenza presente in tutta la società italiana di una radicale riforma della politica, dei suoi valori, del sistema che ne rappresenta la concreta quotidianità. Il tema dominante deve essere quello della rifondazione di un rinnovato e grande soggetto politico al quale devono concorrere, con autonoma identità, i diversi protagonisti che rappresentano la storia ed il presente della sinistra, anche nella loro identità territoriale, sociale e culturale. 

ll fatto nuovo è che nessuno di essi potrà più presentarsi come soggetto egemone portatore della verità; essi saranno attori e partecipi di un soggetto politico collettivo aperto e federativo nella sua cultura, la cui vitalità sarà il risultato della sua capacità di adesione alla realtà, alle sue trasformazioni, al suo dinamismo; e della sua capacità di governare il futuro dando soluzione ai problemi del presente.

Di questo c’è bisogno. Questa è la sinistra necessaria.

  1. La sinistra maggioritaria ha avuto ampia possibilità nel corso degli ultimi cinque anni, di rendere visibile il suo progetto riformatore, le sue capacità di governo, di rafforzare il legame con gli interessi più attivi e dinamici del Paese. In sintesi, di presentarsi come l’interprete delle speranze di riforma e delle possibilità di sviluppo della democrazia italiana.

Perché, invece, la sinistra sta perdendo? 

Una prima considerazione è che attraverso questa esperienza di governo la sinistra che ne ha avuto diretta responsabilità, ha operato in modo da consentire che nell’opinione comune si formasse l’idea di un conflitto fra libertà e sinistra, sicurezza e sinistra, come concreta conseguenza di comportamenti, scelte, azioni di governo; questi comportamenti hanno determinato una disaffezione nei confronti della sinistra al governo ed una perdita di credibilità e di autorità dalla quale difficilmente si può uscire con dichiarazioni d’intenti o promesse per l’avvenire. Questa divaricazione , ed in alcuni casi contrapposizione fra libertà e sinistra, sicurezza e sinistra, è innaturale e quindi insopportabile per un elettorato che preferisce rifugiarsi nell’astensione e nel disimpegno. 

Quindi la sinistra perde anche culturalmente. 

Una seconda considerazione di carattere più politico è che la sinistra maggioritaria non aveva né progetto, né cultura dell’alternativa, ed era quindi impreparata, inconsapevole e poco convinta delle cose da fare e delle scelte da compiere. La stessa debolezza programmatica e strategica caratterizzava i suoi alleati cattolici e laici con i risultati visibili a tutti. In sostanza la sinistra al governo ha operato sulla difensiva, correggendo, non riformando. Rifugiandosi in contenitori forti (la moneta unica, l’Europa, l’affidabilità nelle alleanze internazionali), senza una sua chiara identità e obiettivi visibili di cambiamento. 

La sinistra di governo ha sprecato la sua occasione.

Queste considerazioni devono essere argomentate e motivate non solo da un’analisi dei comportamenti di oggi, ma da una lettura critica del contesto.

  1.  La storia delle democrazie mature in Europa, è la storia di un graduale ma inarrestabile processo di osmosi fra liberalismo, socialismo e riformismo cristiano. La lotta ai privilegi, il riscatto dei poveri e dei diseredati, la realizzazione della sicurezza di vita e di lavoro, l’affermazione del primato della giustizia sociale, avvenivano sul terreno degli interessi primari, del grande teatro dei conflitti economici e sociali. I valori del socialismo e del cristianesimo sociale, eguaglianza, solidarietà, sicurezza, giustizia, fratellanza, si contrapponevano ai valori di libertà, del liberalismo, sentiti come diritti individuali e quindi formali. 

Questa contrapposizione, viene assorbita nella “società dei cittadini” in una grande sintesi politica e culturale. È venuta meno la cornice ideologica tradizionale; sono assorbiti e modificati nella dialettica della democrazia matura i temi di riscatto e protesta; viene trasformata nella sua struttura e nella sua coscienza sociale la “classe lavoratrice”, concepita troppo a lungo come immutabile madre al cui contatto rigenerare forze e concetti, dopo errori e sconfitte; si è maturata la figura del “nuovo lavoratore”, che supera la conflittualità impresa-lavoro definendo valori positivi per una nuova cultura del lavoro; è stato avviato il confronto con il “nuovo proletariato” che è generazionale ed intellettuale, è forza lavoro emarginata, sono gli esclusi dalla cittadinanza; tutto questo segna il mutamento antropologico conseguente agli anni della crisi. 

Senza ambiguità e incertezze, la Civiltà del socialismo deve giustificare la propria nuova identità, definire la sua validità storica, dando le ragioni per cui non basta un modernismo democratico a rappresentare, nelle nuove condizioni della “società della crisi”, le prospettive di progresso e di giustizia, ma è necessario un protagonista rigenerato che sia il cuore e l`anima di una nuova sinistra di governo, espressione politica nel nostro tempo di questa integrazione fra socialismo, cristianesimo sociale,e liberalismo.

  1. Le ragioni di questa vitale civiltà socialista assumono forte significato, in coerenza con i valori fondamentali che hanno giustificato la nascita dei grandi movimenti che hanno dato senso alla storia del secolo passato: la giustizia sociale, la fraternità, l’eguaglianza, la libertà. Questi valori oggi si possono riassumere nella “nuova cittadinanza”, concetto complesso che riepiloga le tre idee-forza libertà positiva, giustizia, sicurezza.  

Questo concetto non può essere affidato ad una definizione che sia astratta dalla concretezza delle condizioni di privilegio e di emarginazione, che attraversano oggi la società dei diritti e quindi lo Stato dei cittadini. 

La “nuova cittadinanza” è il risultato della quantità di diritti soggettivi, civili, economici e politici, che deve essere uguale per tutti coloro che vivono nel mercato e nelle istituzioni civili e politiche di una democrazia. 

Nella civiltà del socialismo, la limitazione del mercato e del potere della politica è nella piena attuazione di questa cittadinanza. l diritti (civili, economici, politici) non sono quindi una generalità neutrale, un principio astratto da usare come riferimento. Essi sono, al contrario, un filo conduttore di scelte politiche, di programmi di governo, di piattaforme rivendicative sindacali e sociali, di riforme istituzionali.

La loro base sono i diritti umani universali, che la stessa Unione Europea ha posto nella sua costituzione.

  1. Questa è la materia del “riformismo forte” che deve caratterizzare la sinistra necessaria , nei suoi comportamenti, nei suoi obiettivi, nella sua strategia di governo della democrazia. È necessario nell’età della globalizzazione, non lasciare indeterminata la definizione di democrazia, il suo pratico funzionamento, i suoi valori politici. La democrazia è una rivoluzione permanente, scrivevano i giovani socialisti di Quarto Stato; la democrazia è il cambiamento senza rivoluzione, scrivevano i liberali antigiacobini; la democrazia è

un processo fra contraddittori ad armi pari, affermiamo noi oggi, nella società matura. Assumere la democrazia come “processo fra eguali”, significa essere obbligati ad affrontare il problema di chi sono i contraddittori; di quali sono le regole del processo; di chi è il garante attivo della parità di condizioni necessaria perché democrazia non sia una vuota parola.

Ritornano in questo modo, in una dimensione diversa, i temi sui quali il confronto politico e culturale si è sviluppato negli ultimi anni del secolo passato: la libertà (positiva e/o negativa); lo Stato, garante della sicurezza nel suo rapporto con l’individuo ed i processi sociali;l’individuo nella sua dimensione personale e sociale. Siamo una società in trasformazione nella quale si è determinato il primato sul contenitore esterno

(le istituzioni esecutive), della coscienza civile e politica dell’individuo che agisce come cittadino. È questo il significato profondo di una nuova democrazia: l`individuo sociale si fa Stato. Questa concezione della democrazia non tollera il “riformismo debole”.

  1. Cosa vuol dire riformismo debole? Quando la proposta riformatrice è isolata da un contesto organico di riferimenti che la sostenga e ne allarghi la capacità di orientamento e di influenza;quando la sua debolezza culturale la costringe a contaminazioni continue per poter sopravvivere;quando la contraddittorietà delle forze negli  interessi a sostegno, obbligano a troppe mediazioni ed a compromessi snaturanti, perche sono conseguenza della necessità di attenuare gli effetti della riforma; allora il riformismo è “debole”, perché assorbito nelle attese e disgregato nella sua incidenza pratica. Sui grandi obiettivi riformatori che hanno segnato all’inizio la speranza ed i programmi del cosiddetto cambiamento,oggi al governo, è possibile riconoscere questo procedere dei riformismo debole. 

Nella scelta del federalismo, incerta nei principi e,confusa troppe volte con un decentramento spinto e sostanzialmente inutile; nella scelta della,forma di Stato, essendo sostanzialmente irrisolta la questione dei poteri e della rappresentanza; nella soluzione del nodo dei rapporti fra forma di governo e legge elettorale, condizione di una efficiente governabilità; nella questione della giustizia, impropriamente affidata nei suoi esiti all’evolversi della situazione politica. 

Ma anche in questioni più attinenti alle immediate azioni di governo, si è evidenziata questa “debolezza”riformatrice: dalla questione pensionistica al conflitto di interessi; dalla formazione scolastica alle politiche di immigrazione;dalla politica fiscale alle politiche di sviluppo;dalle politiche del lavoro alla difesa della salute. 

Non si riconosce una idea forza-ispiratrice, e quindi un blocco politico diverso nelle provenienze, ma convergente nelle alleanze di fondo, capace di essere protagonista di una vera grande riforma. 

  1. La  cultura e la politica del “riformismo forte”,  vuol dire sviluppare tutte le conseguenze pratiche da una idea-guida, come può essere la centralità del cittadino; ricondurre le

scelte di valori istituzionali ed etici alla coerente applicazione del primato della persona sullo Stato (che è alla base del federalismo vero); vuoi dire tradurre in una legislazione che la realizzi, l’idea-guida della socialità come parte qualificante del processo economico e della vita associata; vuol dire far diventare qualificante nei rinnovamento del sistema politico, la forza aggregante del progetto come fattore di composizione e scomposizione dei soggetti attivi superando la mediocre

ed artificiosa staticità del compromesso.

La sinistra necessaria dovrà portare questa cultura del riformismo forte nel Paese fra le persone che ne dovranno essere la materia umana, per verificare che non sia soltanto un desiderio o una speranza; per far ritrovare, sui fatti concreti e sulle proposte visibili e verificabili, alle persone che lo vogliono, il gusto alto e nobile della politica. Si deve considerare il socialismo come una civiltà che costruisce la Storia, e quindi il socialismo europeo come soggetto in divenire. Il Socialismo non può essere identificato e rinchiuso in una delle ideologie, o dei partiti, o dei sistemi politici che lo hanno rappresentato e che lo rappresentano; o essere ridotto ad un modesto pragmatismo governativo, o ad una lontana e generosa utopia. 

Nella nuova stagione della Civiltà del Socialismo, ci deve essere  la convinzione che vi sia la possibilità di dirigere il corso della storia, rendendo protagonista il popolo “attivo” e costruendo una democrazia fondata sui principi di fratellanza,

solidarietà, giustizia sociale, libertà dal bisogno, eguaglianza delle opportunità,sicurezza di vita e di lavoro.  

  1. Riconosciamo i fondamenti essenziali di una volontà di

cambiamento, di riforma, di intervento sul presente, avendo memoria del passato e consapevolezza del futuro che si vuole costruire.  

È il primo passo per la realizzazione di quel soggetto politico di grandi ambizioni, capace di suscitare nuove speranze nella democrazia italiana, sollecitando una sinistra necessaria perché riparta dalla verifica dei suoi valori e dalla convinta accettazione delle conseguenze pratiche (anche esistenziali) della loro realizzazione. 

Nel tempo della globalizzazione economica e della società della comunicazione e della conoscenza, il valore fondamentale di una sinistra moderna è quello della fraternità,che si accompagna alla garanzia di sicurezza di vita e di lavoro.

La predicazione di Papa Francesco, ed i suoi effetti, cosi chiaramente visibili, sono la riprova di questa integrazione di valori fra cristianesimo e socialismo, che rappresenta la grande speranza alla quale affidare il ritrovato impegno della politica.

Dopo libertà ed eguaglianza, che hanno segnato tempi storici fondamentali nell`evoluzione della civiltà occidentale, la fraternità e la sicurezza rappresentano il valore universale e nello stesso tempo pragmatico, di cui c’è bisogno. 

La loro realizzazione comporta l’impegno e la responsabilità di ciascuno individuo, nei confronti dei suoi compagni di vita; accettarla come fondamento dell’esistenza, significa, laicamente, partecipare al significato universale della persona umana, e vivere il socialismo come la civiltà nella quale ci riconosciamo”.