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Lecce si “riappropria” degli Agostiniani

Uno splendore. Non c’è che dire. L’ex Convento degli Agostiniani e la Chiesa di S. Maria di Ogni Bene vengono restituiti alla città dopo anni e anni di oblio (e di degrado). Un percorso lungo e tortuoso ha segnato la storia di questi due magnifici monumenti. Tutto ebbe inizio nel 1649, anno di costruzione del Convento che divenne la dimora degli Agostiniani Scalzi fino alla soppressione dell’Ordine nel 1810, quando l’intero complesso architettonico e le sue pertinenze furono ceduti ai frati Minori Osservanti che cambiarono la denominazione originaria della chiesa e del convento in quello di S. Antonio e vi aprirono lo studio di filosofia. Dopo il 1866 l’immobile fu ceduto ai militari i quali adibirono i locali a caserma (ex caserma Vicinanza), infermeria presidiaria, laboratori, magazzini. Abbandonato dal ramo Difesa – Esercito del Demanio dello Stato, il complesso passò all’Intendenza di Finanza.

Poi una serie di “manomissioni” per esigenze dell’Amministrazione militare.
Il complesso immobiliare è rimasto per oltre 40 anni privo di destinazione e se non fosse intervenuto il finanziamento del Por Puglia 2000-2006 per il suo recupero architettonico e funzionale, l’importante complesso immobiliare ora si troverebbe certamente ai limiti del crollo, sempre più devastato dai dissesti statici e dal degrado, oltre che depredato dai suoi residui elementi di decoro.
E ora, finalmente, dopo un accurato, paziente, certosino e impegnativo lavoro di restauro, riemerge dal dimenticatoio un monumento bellissimo che va ad aggiungersi ad altri gioielli leccesi. L’ex Convento degli Agostiniani ospiterà il polo di servizio per la ricerca giuridica denominato “Centro della Civiltà Giuridica” e l’Archivio Storico Comunale.
Con questo intervento l’Amministrazione Comunale ha deciso di orientare l’azione di programmazione verso processi che possano guardare non solo alla tutela, ma anche alla valorizzazione e alla promozione del patrimonio culturale. L’obiettivo strategico è quello di puntare su interventi capaci di coinvolgere e mettere a “sistema” tutte le risorse, umane, materiali e immateriali disponibili. E il recupero degli Agostiniani va proprio in questa direzione assumendo una valenza strategica nel contesto urbano.

Il convento e la chiesa
L’edificio conventuale, caratterizzato da grande semplicità in linea con i principi dell’ordine agostiniano, si sviluppa su due piani fuori terra, con maniche che si articolano intorno al chiostro rettangolare. Risente fortemente, nell’aspetto attuale, delle trasformazioni operate dai militari nel corso del secolo scorso.
La chiesa, malgrado le numerose offese subite anche a seguito della sconsacrazione (già nei primi decenni del Novecento risultava “manomessa e ridotta a magazzino di deposito”), conserva ancora il “composto prospetto tardorinascimentale”.
Le nicchie che ospitano, nell’ordine inferiore, le statue in pietra leccese dei santi Francesco d’Assisi, Domenico di Guzman e, in quello superiore, Oronzo e Gennaro in abiti vescovili. L’immagine di S. Antonio da Padova compare all’interno del timpano spezzato della finestra del secondo ordine, mentre la Vergine col Bambino trova posto all’interno del fastigio.
L’interno, più volte deturpato, si presenta a croce latina con navata unica e tre profonde cappelle intercomunicanti per lato, breve transetto dominato da un’alta cupola e profondo presbiterio. Pregevole la copertura a volta lunettata, gallonata da costoloni decorati a rilievo con nastri di fogliame e fiori.

Il giardino di Ogni Bene
Scarse e frammentarie sono le notizie storiche riferibili al giardino del Convento. Da alcuni atti di vendita rinvenuti presso l’Archivio di Stato di Lecce si ha notizia che lo stesso fosse noto come Giardino di Ogni Bene e che la sua superficie fosse originariamente ben più vasta dell’attuale. Gli stessi documenti testimoniano che il giardino ha avuto sin dalla sua origine, probabilmente coeva alla costruzione del convento (1645 circa), una funzione prevalentemente produttiva. Documentabile era la presenza di fichi, melograni, viti ed agrumi accanto a piante ornamentali da fiore.
Nel tempo con l’alternarsi di diversi proprietari e destinazioni d’uso, con lunghi periodi di abbandono fino ai nostri giorni, il giardino aveva perso per intero il suo assetto stratificato, limitate erano le presenze di alberi con pochi e pericolanti pini d’Aleppo (Pinus halepensis Mill.) e casuarine (Casuarina spp.), estranei, tuttavia, all’impianto originario. I cipressi di maggiori dimensioni presenti sono gli unici alberi rimasti della situazione antecedente al progetto.
L’assetto attuale del giardino, con la sua sobria compartimentazione in aiuole regolari disposte lungo assi ortogonali, è frutto di una rievocazione progettuale che tende a suggerire quali potessero essere le coltivazioni presenti un tempo. Trattandosi di una ipotesi, si è tenuto conto di casi analoghi di ricostruzioni o restauri di giardini annessi a conventi e monasteri e nella scelta delle specie vegetali prevalgono quelle autoctone e tipiche del paesaggio agrario salentino, con un limitato uso di specie esotiche. La distribuzione e ripetizione di aiuole rettangolari, di dimensioni e geometrie simili, sono un chiaro riferimento sia al tema della classificazione botanica, che alla semplice orditura e frammentazione dei campi in piccole parcelle. Il giardino è suddiviso in aree riconoscibili: il frutteto con vigne e parcelle di erbacee perenni aromatiche, il giardino dei fiori, la passeggiata dei melograni, la piazzetta degli alberi di Giuda ed il percorso perimetrale intorno al convento. Il pergolato presente nel frutteto, interamente ricostruito, è stato posizionato sull’asse di un’analoga struttura, documentata nell’ambito della sorveglianza archeologica, verosimilmente risalente al periodo dell’occupazione militare del Convento.
L’impiego di materiali lapidei tipici della tradizione locale, accanto ad altri di uso più attuale, non tradisce la chiara datazione contemporanea del giardino. La diffusione in atto del batterio Xylella fastidiosa subsp. pauca ceppo CoDiRO che determina il complesso del disseccamento rapido degli olivi ha notevolmente condizionato la selezione delle specie vegetali del giardino non consentendo l’uso di importanti specie tipiche dei giardini mediterranei come l’olivo, il mandorlo, il ciliegio, il mirto ed il rosmarino e molte altre ancora.
Chiaro è l’intento di donare ai cittadini leccesi ed ai visitatori un giardino dalla forte valenza didattica che invita ad una fruizione rispettosa dei luoghi e della bellezza e fragilità della natura.

Ph gallery Andrea Stella